Divieto di accesso ai social media a chi ha meno di 16 anni: l'opinione di adulti e minori

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Vietare i social media a chi ha meno di 16 anni è la strategia migliore per tutelare le giovani generazioni? Credit: Photo by Kampus Production for Pexels

La proposta di legge sta per arrivare in Parlamento: il governo federale intende imporre un divieto di accesso ai social media a chi ha meno di 16 anni.


La proposta del ban divide: c'è chi ne è entusiasta, chi condivide l'iniziativa ma si chiede come possa essere implementata, e anche chi ritiene che sia una limitazione inaccettabile.

Secondo il primo ministro Anthony Albanese le famiglie di tutta l'Australia condividono la preoccupazione rispetto agli effetti dei social media sui minorenni e sulla loro sicurezza, e anche l'opposizione ha espresso il proprio sostegno alla proposta.

Ma cosa ne pensano italiani e italiane d'Australia?

Alissa ha tredici anni, e in un messaggio vocale ci ha detto: "Penso che non sarebbe giusto vietare l'utilizzo dei social, tanto chi vuole vederli alla fine un modo lo trova ugualmente".

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"I social non sono del tutto negativi", aggiunge. "Possono aiutare noi adolescenti ad avere maggiore autostima".

"Certo è che se anziché vietare le cose ci insegnassero a usarle in modo corretto sarebbe meglio", le fa eco Ares, che ha 15 anni.

Davide Gaido, esperto di IT, ritiene che ci sia un problema di fondo. "La legge è molto difficile da implementare", spiega. "La definizione del governo di social media deriva dall'Online Safety Act ed è veramente ad ampio raggio" e potrebbe includere anche videogiochi, allo stato attuale.

"Mi sembra che il proibizionismo abbia dimostrato ampiamente nel corso della storia che non funziona", prosegue.
[Il ban] mi sembra una soluzione da XX secolo a un problema da XXI secolo
Davide Gaido
"Sicuramente è un problema molto complicato", interviene Francesco Bailo, lecturer di data analysis alla University of Sydney, sottolineando la difficoltà di applicare il divieto in modo efficace.

"Il rischio è che le persone, i bambini in questo caso, che prima potevano accedere ai social attraverso canali regolari - con i genitori che ne erano a conoscenza - vengano spinti in una situazione di illegalità per bypassare questi controlli", spiega. "Oppure, nel caso peggiore, che utilizzino piattaforme social molto meno regolamentate perché sono marginali".
Ma il dottor Bailo sottolinea anche la responsabilità delle stesse aziende proprietarie dei social, che invece di tutelare gli e le utenti "hanno investito per creare nuove tecnologie per creare addirittura più dipendenza".

"Sono davvero contento di questa legge, come genitore e come utente", commenta invece Massimo, un ascoltatore.

"Purtroppo sono piattaforme non più controllabili per il numero di utenti che ci sono", osserva, raccontando che al figlio di 10 anni permette solo di usare YouTube kids.

Carola, che ha otto anni, dice invece che usa i social media "per cucinare, disegnare, imparare cose", e dice di non essere contenta del divieto.

Sofia, che ha 14 anni, non crede che "il ban sia il modo migliore per insegnare ai minori come navigare sui social", e sottolinea che mantenere i canali comunicativi aperti tra adulti e giovani è il modo migliore di evitare i danni peggiori.

Non solo: i social, dice, sono una fonte di socialità. "Togliere l'accesso a questi media potrebbe rovinare connessioni preziose", conclude.

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